Il prossimo anno molti lavoratori perderanno il posto di lavoro. Autogol del Governo Cinque Stelle. Con il decreto dignità, approvato dal Governo lo scorso novembre, molti contratti a termine non verranno rinnovati: secondo i dati di Assolavoro si avranno 50.000 posti di lavoro in meno. Insomma una vera e propria catastrofe a fronte di un decreto che doveva incentivare e far scattare l’indeterminato. Anche se le stime sono stilate per difetto e in maniera prudenziale, la situazione non è idilliaca di certo dal momento che la disoccupazione in Italia tocca quota del 32, 5 per cento. Ma si sa alle imprese e alle aziende ‘costa’ e così dal 2019, molti lavoratori rimarranno a casa, complice soprattutto il decreto grillino che non consente più di 2 anni rinnovi rispetto a prima che era fissato a tre. Prima il Jobs Act – promosso a attuato dal Governo Renzi e che ha prodotto effetti disastrosi – ora il Decreto Dignità che secondo Di Maio avrebbe dato “un colpo mortale al precariato”.

I dati di Federmeccanica

Ma a rinforzare i dati pressoché amari, ci pensa Anche Federmeccanica secondo cui i tagli riguardano anche il settore metalmeccanico “Con riferimento al Decreto Dignità, il 30% delle imprese non rinnoverà, alla data di scadenza, i contratti a tempo determinato in essere”. A stenderlo nero su bianco è la Federmeccanica nella nota stampa alla sua Indagine congiunturale sull’Industria Metalmeccanica. Secondo i dati stilati, nel comunicato relativo alla sua Indagine congiunturale sull’Industria Metalmeccanica, “il 37% intende trasformarli in contratti a tempo indeterminato mentre un altro 33% si riserva di decidere, valutando la situazione alla scadenza”. Insomma disoccupazione, altro che dignità.

Nella società liquida di baumiana memoria, la perdita del lavoro è un evento angoscioso e spiazzante che ci mette in crisi sotto il punto esistenziale, psicologico e soprattutto economico. Una situazione drammatica che ci fa perdere le certezze e che si vive come un vero e proprio ‘lutto’, specie se a perdere il posto sono i gli over 50: troppo giovani per la pensione e troppo ‘vecchi’ per ricollocarsi. Purtroppo in Italia, il target di età la fa da padrone e in alcuni contesti vengono assunti i più giovani perché più spendibili e meno tassati sui contratti: meglio assumere un giovane in età di apprendistato piuttosto uno meno. Insomma il gatto che si morde la coda in un Paese dove la stabilità lavorativa è sempre una chimera e il futuro sempre più incerto.

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